Il citofono è per sempre.

Non è di sicuro un periodo fortunato questo per me.

Stamattina mi sveglio imprecando cose alla sveglia del mio cellulare, in una lingua che non conosco. Mi alzo con gli occhi gonfi e il mal di testa, vado in bagno e tranquillamente seduta sulla tazza del cesso, guardo fuori dalla finestra per vedere il tempo che fa e fa proprio quel tempo da sonno e io mi sto quasi riaddormentando quando, all’ improvviso, vengo destata da un lieve Tic Tic Tic Tic Tic…

Allungo il collo e vedo tante piccole goccine scivolare divertite lungo le pareti del boiler per poi tuffarsi a terra, in una pozza non ancora abbastanza profonda perchè io possa annegare.

A quel punto mi viene un’idea! E se cadessi all’ indietro, nel WC, e tirassi l’ acqua?

Oppure aspetto, tanto si sa che “l’ acqua cheta tira giù i ponti.”

Un’ altra novità triste è che ieri sera hanno sostituito il vecchio citofono con un nuovo citofono super funzionante, ma io lo odio quello lì e non lo userò. La notizia ha raggiunto anche il Toffa in vacanza nella terra di molto molto lontano e non sembra averla presa benissimo. Pare voglia tatuarselo, perchè un citofono, ma che dico un…IL citofono è per sempre.

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Oggi è santa Barbara (Babs).

C’è una roba che mi fa sempre schiattare dal ridere ed è: “Un silenzio vale più di mille parole!”

Buahahahahahahahahahahahahahahhahahah!

Ps: magari un giorno potremmo parlarne e come dice il mio amico Marconi “Chi tace, TACE.”

Mai lasciare il vecchio citofono per quello nuovo. Mi mancherai "Il CITOFONO"

Mai lasciare il vecchio citofono per quello nuovo.
Mi mancherai “Il CITOFONO”

Grazie Ciao.

Dove vivono i sogni.

La mia anima insonne insegue le ore di una notte in anticipo.
Ascolto il tuo respiro scandire con regolarità un tempo, che non ha fretta di essere tempo che fugge.
Evoco il sonno contando pecore al contrario, per svegliarmi ieri e non domani.
Trattienimi in un abbraccio dove vivono i sogni.

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Quando starnutisco mi vengono i dubbi.

Non è pioggia, è più condensa.

Cammino verso il garage e queste microscopiche goccine mi si appiccicano al viso e mi fanno starnutire e mentre starnutisco mi viene un dubbio.

“Ma sarà che la vita un senso non ce l’ha?”

Si capisce che ho un dubbio?

Si capisce che ho un dubbio?

Salgo in macchina e cerco su Google “Il senso della vita”, oh cielo, ma è pieno di gente che lo sa!

Comincio a leggere qualcosa tipo:

“Citazioni sullo scopo, il significato e il senso della vita.

  • A me risulta che la ricerca del senso è una sorta di partita a scacchi, molto dura e solitaria, e che non la si vince alzandosi dalla scacchiera e andando di là a preparare il pranzo per tutti. È ovvio che occuparsi degli altri fa bene, ed è un gesto così dannatamente giusto, e anche inevitabile, necessario: ma non mi è mai venuto da pensare che potesse c’entrare davvero con il senso della vita. Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di lusso dell’animo, o di miseria, dipende dai casi. Peraltro, è anche possibile che mi sbagli. È giusto un pensiero istintivo – un certo modo di vedere il mondo. (Alessandro Baricco)
  • Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso. (Fëdor Dostoevskij)
  • Beato colui che ha trovato nella vita lo scopo della propria esistenza. (Inayat Khan)
  • C’è un solo e unico scopo nella vita: testimoniare e comprendere per quanto possibile la complessità del mondo, la sua bellezza, i suoi misteri, i suoi interrogativi. Più si cerca di capire, più s’indaga, e più si apprezza la vita e ci si sente in pace col mondo. È questa la sostanza della vita. Tutto il resto si riduce a vacui passatempi. Se un’attività non si basa sull’amore o sulla conoscenza, non ha alcun valore. […] Ci si può chiedere perché bisogna amare e imparare o perché sarebbe questo lo scopo della vita: voglio dire, come mai è stato deciso fare solo queste cose e con la massima dedizione? Una domanda stupida, non importa perché sia così. È così: lo scopo della vita è amare ed imparare. (Anne Rice)
  • Chiedo l’assurdo: che la vita abbia un senso. (Dag Hammarskjöld)
  • Ci tormentiamo l’anima per dare un senso alla vita, per individuare un traguardo. E alla fine lo troviamo nascosto dentro di noi, nella nostra comune esperienza dell’immaginario e della realtà. Un semplice, umano desiderio di trovare chi ci assomiglia per stabilire un legame, e per sentire nel profondo del cuore, che non siamo soli. (Heroes)
  • Dare un significato alla vita può sortire follia, | ma la vita senza significato è la tortura | dell’irrequietezza e del desiderio vago – | è una nave che anela il mare eppure lo teme. (Edgar Lee Masters)
  • Devo avere il coraggio di vivere la vita con la “carica di significato” che essa pretende, senza per questo considerarmi pesante, o sentimentale, o innaturale. (Etty Hillesum)
  • E un significato si cela in tutte le cose, o tutte le cose avrebbero ben poco valore, e il mondo stesso non sarebbe che un vuoto nulla, salvo che per venderlo a carrettate, come fanno delle colline nei pressi di Boston, per riempire qualche acquitrino della Via Lattea. (Herman Melville)…” tanto per citarne alcuni.

Poi mi accorgo che è tardi e io devo andare a fare la spesa per mio nonno, nello specifico:

– 12 latte parzialmente scremato.

– 4 pacchi di zucchero.

– 5 banane da mangiare subito.

– 4 banane verdi.

– caramelle nonna. (Le caramelle per mia nonna sono quelle a forma di spicchio al gusto di limone o arancia, per capirci.)

Arrivata al super, butto via 10 minuti a capire quali possano essere le banane buone da mangiare subito e poi come al solito, mi perdo in reparti improbabili, ma faccio veloce tanto sono al verde.

Raggiungo la cassa, sistemo la spesa e aspetto di riempire i sacchetti. La cassiera passa le caramelle e mi dice che le ricordano la sua infanzia e io per non fare quella insensibile che non ha voglia di stare a sentire, sottovoce le confesso che le caramelle sono per mia nonna e che mia nonna non sta mai senza e le nasconde ovunque, un pò come Pina di Fantozzi con il pane, poi mi dico che anche mia nonna si chiama Pina e allora penso sia per colpa del nome.

La vedo la cassiera, la vedo che è malinconica e io non posso più stare lì a guardarla, allora me ne vado.

Esco dal super e vengo assalita ancora dalla condensa di prima e starnutisco e mentre starnutisco mi viene un dubbio...”ma non sarà che il senso della vita ce lo giochiamo da piccoli?”

Era meglio la la la lalala con i peli del culo a batuffoli…lalalala lala lala la la la la la la…

Grazie ciao.

Punta in nero, tacco in bianco e nessuna responsabilità.

E’ un pavimento di piastrelle bianche e nere ed è davanti a me che sto a guardarlo immobile, a braccia conserte. Porto pollice e indice della mano destra sul mento, cerco un espediente, mi chiedo come attraversare la stanza, camminando solo sulle nere oppure solo sulle bianche o con un piede sulla nera e uno sulla bianca, ma quale piede sulla nera, il destro o il sinistro?

Centro l’ immagine, fisso un punto, lo perdo, ora veste in grigio di contorni dissolti, aggiusto la mira, metto a fuoco, si svela il bianco e poi il nero e ancora bianco e ancora nero.

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La Regina è impazzita, il Re in stallo, l’ Alfiere suona sempre due volte, il Cavallo ammazza il tempo bevendo caffè nero bollente, la Torre tenta l’ arrocco, ma i pedoni sognano le stelle, c’è fermento, qualcosa sta cambiando. Si aspetta lo scacco matto.

Un pavimento così non è semplice da gestire. Decido per un punta in nero, tacco in bianco e nessuna responsabilità.

Ora sono in macchina, “Oggi è veramente una giornata di merda ma tu sei troppo bella” lo dice Edda e il suo disco è una figata spaziale. Penso sia romantica da svenire quella cosa lì detta così e allora mi levo dall’imbarazzo con un “Dici a me Edda? Scusa sai, ma non ho capito bene, puoi ripetere?”

Peppa Pig di Edda in loop.

Signor Nessuno e s’ignora.

In questo borgo che sa di noia, la mia domenica non ha memoria, il
sole è una speranza e l’ ombra un piacere irrinunciabile. Declinata la proposta di
una visita guidata al castello, mi perdo nel tempo trovando spazio tra i tavolini di un bar.

Ordino una birra.

Orizzonti verticali, pensieri persi nel vento e io, se ti interessa, mi chiamo Nessuno.

Soir Bleu - Edward Hopper

Soir Bleu – Edward Hopper

Chi c’è c’è chi non c’è grazie ciao.

Guerre Stellari per stabilire e ristabilire il dominio sul torto e sulla ragione.

Già è una bella fatica decidere il personaggio da interpretare se poi al mio “Che la forza sia con me” sento un coro di “Buahahahahahahah!” beh, partiamo malissimo.

Per farla breve che non ho voglia, credo esistano più torti che ragione…voglio dire, ognuno di noi ha le proprie ragioni che sono giuste per noi e a volte solo per noi, questo vuol dire che abbiamo sì ragione per noi, ma anche torto per gli altri. Si capisce? No? Per questo non si esce vivi dal “ho ragione io, no io, no tu no, io sì ecc. ecc. e nemmeno dalla domenica.”

Chi sono io? La BaaaabsSss! E cosa voglio io??? Più torte e meno torti!!! Yeah.

“Spaventati i guerrieri, persi alla meta i viaggiatori

la saggezza è impazzita, non sa l’ intelligenza

la ragione è nel torto, conscia l’ ingenuità

ma non taccioni i canti e si muove alla danza

quietami i pensieri e il canto e in

questa veglia pacificami il cuore.

Così vanno le cose, così devono andare…”

Diamo a Chicco quello che è di Chicco. Ma poi, era birra?

“Me la merito, credo che un’ospitata su questo blog me la merito proprio. Un pò perchè è nato sul tavolo di casa mia a Porossan beach e un pò perchè in questo momento non ho un cazzo di meglio da fare…”

Lui si chiama Enrico, ma lo chiamiamo tutti Chicco…anzi no, io lo chiamo Enrico.
Enrico è un mio caro amico e “CitofonareVoyat” è nato grazie al suo aiuto e allora visto che se lo merita, copio esattamente ogni singola parola, virgola e punto che ha utilizzato per raccontare questa cosa qui:

E allora racconterò di quella volta, nella primavera del 1994, che conobbi la signorina Voyat, all’epoca semplicemente Ba. In quel periodo noi bellaggente di Aosta si andava a ballare al Liberatutti, ribattezzato “la discarica”. Restavamo chiusi tra quelle quattro mura finchè non venivamo spazzati via con la rumenta e Spinella non sveniva in consolle. Saranno state le 5? le 6? Boh. Mentre ero seduto su un divanetto zozzo che neanche Calcutta, ragionando sul principio di ragion sufficiente di Schopenauer e osservando se avevo ancora tutte le dieci dita delle mani, si è avvicinata. Aveva la sua tipica espressione perennemente scazzata, la smorfia beffarda. Mi si è piantata davanti, dritta, con le spalle all’indietro. In mano aveva un boccale da 0.40 di birra. Ha teso il braccio verso di me. “Ne vuoi un goccio?”. Io, famoso per bere ogni liquido tra i 3 e i 75 gradi, ho annuito, perchè parlare a quell’ora mica era facile. Ho preso il boccale e ho dato una golata. Lei ha spostato il ciuffo, ha sorriso ed arcuato la smorfia. “Grazie, l’ho trovata lì per terra e non sapevo se era birra o altro”. Punto.

Giuro che è andata così. Grazie Enrico.
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Il mio cane si pettina all’indietro.

Piove e piove sul mio parabrezza, i vetri si appannano, lo sguardo si perde nella nebbia, il fastidioso rumore del tergicristalli mi riporta indietro. Dov’ero?
Lente file di macchine.
Ombrelli arcobaleno su sfondo grigio.
C’è qualcosa di presuntuoso nella pioggia di novembre.
C’è qualcosa di presuntuoso anche in chi crede che, quattro parole forbite bastino a riempire un foglio.
Con ammirabile precisione picchietta boriosa sul vetro. Suona controtempo o come contrattempo. Merita un lungo applauso, ma non chiedo il bis, ne ha già concessi troppi.
Forse un giorno riuscirò ad ascoltarla senza fatica, come è stato con i Massimo Volume, ora in macchina suona questa e non credo sia un caso…

“E il sole scaglia la sua gloria e se la ghigna.” Marlene Kuntz.

C’è una cosa che mi fa sempre tanto ridere…
Il mio cane, dopo i pasti, si pettina all’indietro.

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Tito Augusto Cane scemo.

Non è una vacanza e nemmeno Natale.

Non sono andata in vacanza, non credo.
Penso piuttosto di essermi persa in uno spazio tra venerdì e lunedì.
Devo dire che i giorni della settimana mi fanno schifo tutti, il venerdì quasi tutto, a parte quella sensazione di libertà che mi prende tra le 13 e le 13.05 e che mi fa sentire come se stessi correndo in un prato d’estate a piedi scalzi, vestita di bianco con una coroncina di fiori in testa, piena di allegria, di amore per la vita e per tutti. Cielo! Meno male che dura solo cinque minuti…
Ma mi ritrovo, sì.
Mi ritrovo ieri al supermercato, ero lì a comprare il latte per i miei nonni, invece compro una teglia da forno e degli anfibi neri.
Finisco poi, non so come, nel reparto “addobbi natalizi” e a me il Natale fa schifo sia chiaro, ma lui, il piccolo alberello finto di Natale sembrava dirmi ” fatti mandare dalla nonna a prendere il latte devo dirti qualche cosa che riguarda noi due…”

Cazzo il latte!!!

Dimmi alberello, sono qui!

Senti Babs, gli alberelli finti di Natale non parlano eh!

Giusto.

Lo prendo e lo pianto nel carrello, mi avvicino agli scaffali colorati da mille preziose palline di ogni forma e colore e comincia una lunga e estenuante trattiva tra me e me.
Prendo e poso, riprendo e penso, questa sì questa no, tu sì sì sì, te no mi spiace poi mi decido per un “tutto a cuori rossi e bianchi”. Come sono fuffosa a volte.

Arrivo a casa, saluto Tito il mio cane scemo, non mi levo la giacca e faccio il mio alberello.
Lo guardo, mi piace.
Bene, il Natale è finito grazie ciao.

11 novembre 2014              Natale

11 novembre 2014
Natale

Se non ora, quando?

Ho capito che, nella vita di una donna, prima o poi arriva il momento di comprare un frullatore (e ho detto frullatore, birichini).
Non so perchè, ma so che tutte le volte che passo davanti al “Grande Negozio di Elettrodomestici” le vedo le donne, le vedo uscire con il loro frullatore e mi sembrano contente.
Ora, del perchè proprio un frullatore non lo so, ma questa mattina andando in farmacia per mio nonno, ci sono passata davanti al “Grande Negozio di Elettrodomestici” e passandoci davanti ho sentito una vocina che mi diceva “entraaaaa entraaaaa!!”. Ok ok entro!
Entro con la scusa di dover comprare una fotocopiatrice…ma perchè?!? Comunque…per finire mi ritrovo inesorabilmente nel reparto robot da cucina, loro sono lì, belli e tutti ordinati in fila. Li guardo e loro guardano me (mi sembrava così), confronto i prezzi e sento che mi sussurrano “scegli me! No, scegli me! No, me!” (Mi sembrava così), ne scelgo uno ma lo poso, ne prendo un altro, poi ne vedo uno migliore…non cerco tra quelli che costano meno, ma tra quelli che costano quasi meno, per non dovermi poi dire “eh vedi le cose che costano meno? Valgono quello che costano, niente!”
Alla fine mi decido e raggiungo le casse. Arriva il mio turno, mi accorgo di aver lasciato la borsa in macchina, niente portafoglio niente soldi.
Respira Babs, non è successo niente, girati lentamente, cammina verso il reparto frullatori e vai a posarlo.
Ma non è che mi senta triste, però esco con un dubbio: “Se non ora, quando?”

Grazie ciao.

Se dici frullatore dici Goonies.  Le confessioni di di Chunk.

Se dici frullatore dici Goonies.
Le confessioni di Chunk.